Le intolleranze alimentari fanno parte di un più vasto gruppo di disturbi definiti come reazioni avverse al cibo: si parla di intolleranza alimentare, piuttosto che di allergia, quando la reazione non è provocata dal sistema immunitario.

Le intolleranze sono più comuni delle allergie.

Le prime osservazioni sui disturbi legati all’ingestione di cibo sono molto antiche: già Ippocrate aveva notato gli effetti negativi dovuti all’ingestione di latte di mucca.

Tuttavia, le reazioni avverse al cibo costituiscono ancora una delle aree più controverse della medicina: non sono sempre chiari i meccanismi che ne stanno alla base e c’è ancora molta incertezza sulla sintomatologia clinica, sulla diagnosi e sui test che vengono utilizzati per effettuarla.

Di conseguenza, ci sono differenze di opinione sulla diffusione di questi disturbi e sul loro impatto sociale.

L’intolleranza alimentare quindi non è altro che una reazione indesiderata del nostro organismo scatenata dall’ingestione di uno o più alimenti, oppure da disfunzioni/deficit a carico dell’apparato digerente.

Le intolleranze alimentari colpiscono fino al 15-20% della popolazione, che riferisce soprattutto sintomi a carico dell’appartato gastro-intestinale.

Attualmente, in commercio, esistono diversi test per la diagnosi delle intolleranze alimentari che, però, non risultano validati, né supportati da evidenze scientifiche.

La diagnosi di intolleranza alimentare è una diagnosi per esclusione: è possibile solo dopo aver indagato ed escluso un’allergia alimentare. 

L’indagine utilizzata per accertarla consiste nell’individuare l’alimento sospetto, eliminarlo dalla dieta per 2-3 settimane e poi reintrodurlo per altre 2-3 settimane.

Se i sintomi scompaiono durante il periodo in cui viene abolito l’alimento e si ripresentano nel momento in cui viene reintrodotto nella dieta si tratta di una reazione avversa al cibo.

A questo punto si verifica, attraverso test diagnostici, se è coinvolto il sistema immunitario e se si tratta pertanto di un’allergia; in caso contrario il disturbo è molto probabilmente dovuto a un’intolleranza.

Il trattamento per le intolleranze alimentari, come per le allergie, consiste nell’eliminare dalla dieta o consumare in piccole quantità gli alimenti che provocano la reazione.

Vediamo insieme quali sono le più comuni intolleranze alimentari.

INTOLLERANZA AL LATTOSIO

Il lattosio è il principale zucchero presente nel latte: di conseguenza, è presente in concentrazioni variabili in tutti gli alimenti da esso derivati o che lo contengono come ingrediente.

Le concentrazioni maggiori di lattosio si registrano nel latte, nello yogurt, nei gelati, nei formaggi freschi, nella panna, nella crema.

Nei formaggi stagionati, invece, più lunga è la stagionatura e più la quantità di lattosio si riduce, essendo impiegato dai batteri come substrato per la fermentazione.

Si definisce “intolleranza al lattosio” l’insieme dei sintomi che possono presentarsi per l’incapacità di digerire il lattosio.

Essa è dovuta alla carenza o assenza di lattasi, enzima necessario per scomporre il lattosio nelle sue due componenti: glucosio e galattosio.

La sintomatologia è dose-dipendente: maggiore è la quantità di lattosio ingerita, più evidenti sono i sintomi, che possono includere flatulenza, diarrea, gonfiore e dolori addominali.

In caso di diagnosi di intolleranza al lattosio non è sempre necessario eliminare i prodotti che lo contengono, a volte è possibile individuare la quantità di lattosio che può essere tollerata senza scatenare sintomi.

Se l’intolleranza è grave è importante fare attenzione e leggere accuratamente le etichette degli alimenti: il lattosio, infatti, è utilizzato in molti cibi pronti.

Ricordo che attualmente il gold standard per la diagnosi di intolleranza al lattosio è il breath test all’idrogeno.

INTOLLERANZA AL FRUTTOSIO

Il fruttosio è un monosaccaride presente in una grande varietà di alimenti assunti quotidianamente (frutta, verdura, miele).

Si tratta di un malassorbimento abbastanza comune e non va confuso con la rara intolleranza ereditaria al fruttosio; la diagnosi è semplice e va fatta con il Breath test, la terapia consiste nell’evitare – per almeno 3 settimane – tutti i cibi contenenti elevate quantità di fruttosio, limitando il consumo di frutta e di alcune verdure.

FAVISMO

Il favismo è la terza importante intolleranza alimentare, dato che riguarda circa 400 milioni di persone; la malattia nasce dall’assenza di un enzima (la glucosio-6-fosfato-deidrogenasi), senza il quale diventa pericoloso consumare fave, piselli e alcuni farmaci, per il rischio di gravi anemie.

Quindi, vorrei sottolineare che esistono pochi e validati test che consentono di diagnosticare la presenza di un’intolleranza.

Le conseguenze di diete di esclusione di alimenti, non necessarie, possono determinare carenze nutrizionali anche gravi negli adulti e soprattutto nei bambini durante la crescita.

Esistono diverse tipologie di intolleranze alimentari.

Quelle enzimatiche sono determinate dall’incapacità, per difetti congeniti, di metabolizzare alcune sostanze presenti nell’organismo. 

L’intolleranza enzimatica più frequente è quella al lattosio, una sostanza contenuta nel latte; un altro esempio di intolleranza dovuta alla carenza di un enzima è il favismo.

Le intolleranze farmacologiche si manifestano in soggetti che hanno una reattività particolare a determinate molecole presenti in alcuni cibi.

In alcuni casi, infine, la reazione può essere dovuta ad alcuni additivi aggiunti agli alimenti.

Non è ancora chiaro se in questo caso si tratti di intolleranza o di allergia: non ci sono prove che la reazione abbia basi immunologiche, ma le manifestazioni sono così variabili che non si può escludere la possibilità di un’interazione tra meccanismi biochimici e meccanismi mediati immunologicamente.

Sono state individuate le principali sostanze che possono provocare intolleranze farmacologiche (un gruppo di sostanze chiamate amine vasoattive e altre sostanze tra cui la caffeina e l’alcol etilico) e gli additivi che danno più frequentemente reazioni.

La sintomatologia associata alle intolleranze alimentari è piuttosto variabile: generalmente si riscontrano sintomi prettamente intestinali (gonfiore, dolori addominali, diarrea, vomito, perdita di sangue con le feci), in alcuni casi sono presenti anche mal di testa, sonnolenza, palpitazioni.

Le allergie, invece, poiché sono scatenate da meccanismi immunologici, possono manifestarsi anche senza sintomi intestinali.

La sintomatologia legata alle intolleranze può in alcuni casi divenire cronica; le allergie possono avere anche complicanze più gravi, fino allo shock anafilattico.

Non escludere comunque nessun alimento dalla tua dieta senza una diagnosi certa, diffida da chiunque proponga test di diagnosi di intolleranza alimentare per i quali manca evidenza scientifica di attendibilità.

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